TRA SILENZIO E PAROLE
Centro
internazionale del libro, Nardini Editore, Firenze 1987.
Prefazione di Geno Pampaloni.
Raccolta di poesie scritte dal 1981 al 1986 in tre sezioni, pp. 77
Indice:
Prefazione Pag.11
I - Tra silenzio e parole " 15
II - Geografie " 39
III - Venti poesie d'amore " 51
Prefazione:
<< La vita è un occasione>>, si legge nella sesta composizione
di Tra silenzio e parole; e può essere una chiave di lettura dell'intera
raccolta: espressione di un sentimento profondo della globalità della
vita, una scelta del mito contro o al di là della storia, di un misterioso
continuum che lascia ai matgini le montaliane, e goetiane, "occasioni"
del vivere. <<Potersi rassegnare al silenzio>> si legge poco più
in là,<< e riuscire a fermarsi dove la vita/ è solo un
susseguirsi di stagioni>>. E poco prima (I,5): <<Ma il tempo scorre
come un fiume in piena/ non s'arrende alle reti che gli tendo>>. E più
tardi (I-19): <<Ma la mia, la tua voce si frantuma/ su scogli di linguacci
indecifrati>>. Tutto ciò mi sembra delinei la mappa di un universo
poetico che non è solo pervaso da un sentimento religioso senza Dio
(<<disertato chiostro>>), ma dove la stessa presenza umana è
necessitata da un allusivo alone forse cosmico, certo ulteriore". Come
è esplicitato, credo, in Cuma: un fanum, vera e propria dichiarazione
di poetica: <<solo lo spazio evoca la forma/ e l'ombra manca solo ai
trapassati>>. L'intensità spirituale di questi versi nasce dunque
da un "prima" della ricerca formale: la dialettica che perseguono
si muove tra appagamento e inappagamento vitale come segnacolo di una posibile
verità. Il suo movimento interno non è di tipo panoramico, come
è appunto quello che regola la poesia delle occasioni, largamente dominante
oggi, ; ma di tipo pendolare, ricerca amebea del quid veritas che giustifica
l'occasione della vita.
Non conosco l'educazione letteraria di Matilde Jonas, che non sembra essere
molto importante per lei, se si lascia anche a endecasillabi fiacchi o amorfi
del tipo << che il mistero ci è sopra e non ci lascia>>,
o <<smarriti in un insolito silenzio>>. Si ricava qualche traccia
ungarettiana, peraltro rivissuta con originale timbro di passione ( <<trafitti
d'immenso>>, <<Sto come un ramo/ che il tardo autunno spoglia>>,<<Fossi
questa pietra>>), ma non è essenziale, se non come tendenza verso
una scansione della parola tesa all'assoluto. L'educazione primaria è
quella esistenziale, o metaesistenziale, criptoesoterica: << e l'infinito
fugge come l'ombra/ che ci segue fedele sulla strada>> (III, 16) è
un bell'esempio di sussurrato e discreto colloquio metafisico. I grandi romantici,
la saggezza orientale ( Carmelo Mezzasalma ha fatto una volta il nome di Lü-Tzu)
sembrano alimentare in profondo la vena della Jonas. La sua poesia peraltro
ha un intimo ritmo colloquiale; di un colloquio tuttavia che presuppone una
trascendenza: << il cielo
faro su terre inospitali>> (I,14),
<<in un esilio di luna>> (II, Dal Vesuvio), << e mi dibatto/
tra bisogno di chiedere e timore/ della parola chiusa nell'enigma>>
(III,2). Colloquialità del trascendente potrebbe essere un'approssimazione
al senso di questi versi.
La terza sezione della raccolta comprende Venti poesie d'amore, che ci portano
in un'aurea in apparenza diversa da quella sin qui ipotizzata: appassionata
e sinanche carnale. Devo dire che questa esplosione di emotività dà
risultati assai belli. <<Arde il ceppo, si frange nella pioggia/ di
scintille che salgono al respiro/ del fuoco verso ilo vento>> (III,2)
è un memorabile attacco ( più montaliano che ungarettiano, questa
volta). <<Sai forse tu del grido del gabbiano>> (III,19) è
un verso che molti poeti le invidieranno. <<Tu, occhi di giada cuore
vagabondo>> (III,5) è un bellissimo grido d'amore. Tutta la III,9
( Sediamo a fianco sul ciglio della notte/
/ non c'è remissione/
per chi è scampato/ all'inferno della croce>>), forse la composizione
più compiuta della raccolta, è una tessitura di motivi complessi
che occupano uno struggente spazio di solitudine, e trova il suo posto nella
parte nobile della tradizione della poesia di amore-dolore.
Nel primo volumetto di versi trovo ( Era maggio,1981) questo pensiero: <<mi
chiedo se quel segreto/ tanto rincorso/ non sia rimasto alle spalle>>;
e lo scelgo come epigrafe della poesia di Matilde Jonas. Non nel senso di
una delusione, di un vuoto; ma al contrario: anche se <<alle spalle>>,
il segreto è entrato nella vita; e la vita è un'occasione che
non finisce mai.
Geno
Pampaloni